Le cause del decadimento del calcio italiano

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view post Posted on 9/11/2010, 20:12     +1   -1




1 – I soldi per i diritti tv. In Italia, la maggior parte del denaro proveniente dalle televisioni va alle grandi squadre (secondo l’assurda formula che chi ha più tifosi allora ha diritto a guadagnare somme più consistenti), alle altre solo le briciole. Quindi, nell’ordine: Juventus, Inter, Milan, Napoli, Roma. Così facendo si crea, ogni anno, un gap sempre più grande tra queste società e le “inseguitrici” e ciò fa si che il denaro che circola sia solamente quello di queste squadre. Le piccole, per sopperire, si appoggiano a società d’oltreoceano, soprattutto l’Argentina. Un esempio di questo fenomeno può essere il Catania, che in rosa annovera più giocatori sudamericani che italiani (Izco, Silvestre, Ledesma, Barrintos, LLama, Carboni, Alvarez, Andujar, Martinez, Ricchiuti, Spolli, Maxi Lopez) e questo fa sì che il campionato sia sempre meno competitivo e che si formi il baratro tra le grandi e tutto il resto. Pensare che un tempo il capitano dell’Inghilterra, Platt, giocava nel Bari. Una cosa impensabile ora.

2 – Gli stadi. L’Italia è l’unico paese dove gli stadi non sono di proprietà dei club, ma ancora gestiti dai Comuni. Questo fa sì che gli impianti siano vecchi, inadeguati e fatiscenti, portando ad una perdita di soldi per le società, poiché gli impianti non attirano spettatori. Gli stadi italiani si “limitano” ad offrire la possibilità di vedere la partita dal vivo e poco più. In Inghilterra anche gli stadi delle società più piccole hanno bar, ristoranti, servizi igienici adeguati… Nel nostro Paese, al contrario, il nulla più totale. Le famiglie preferiscono restare a casa al caldo. Preferiscono la comoda e soprattutto sicura poltrona al freddo dei duri seggiolini, anche perché la maggior parte degli impianti italiani ha le tribune ( per non parlare delle curve) senza copertura.

3 – La pressione mediatica. In Italia vincere è un sollievo più che una gioia. La sconfitta un dramma. Gli allenatori non hanno il tempo per lavorare, per progettare, per raggiungere i risultati in un lasso di tempo ragionevole. I giocatori vivono sette giorni su sette sotto pressione. Ogni partita fa consumare energie fisiche e psicologiche incredibili, uno sfinimento. Questo porta al fatto che in Europa le squadre italiane arrivino più stanche, sventrate psicologicamente.

4 – Calciopoli. Lo scandalo scoppiato nel 2006 che ha portato alla retrocessione della Juventus ed alle varie penalizzazioni degli altri club è stata una vera e propria “bomba ad orologeria” che ha distrutto tutto il calcio italiano ed i suoi valori tecnici, provocando danni economici e di immagine senza precedenti. Le società, Juventus in testa, stanno ancora “raccogliendo i cocci”. La “resurrezione” è appena iniziata, ma per ritornare ai livelli del pre 2006 ci vorrà ancora tanto tempo, sia per la Juve che per le altre squadre coinvolte.

5 – La pressione sugli arbitri.
In Italia ogni partita è una guerra. Nessuno accetta la sconfitta e le decisioni arbitrali diventano per questo fondamentali. Tutti si lamentano, tutti protestano, tutti cercano alibi per giustificare di fronte all’opinione pubblica ed ai propri tifosi una partita andata male. Il direttore di gara è l’assoluto protagonista delle domeniche, delle trasmissioni televisive nelle moviole. Se si perde è colpa dell’arbitro. Non sempre, ma il 90% delle volte è così.

6 – La vittoria del Mondiale. Ha illuso tutti che il calcio italiano fosse ancora il migliore d’Europa, ma così non è, perché anche la Francia nel ‘98 ha vinto il Mondiale, ma questo non voleva certo dire che la Ligue 1 allora fosse il campionato più competitivo di tutti. Il Mondiale è una competizione come le altre, la vince chi in quel momento ha i giocatori più in forma e la squadra con un po’ di fortuna dalla sua parte. Tutte componenti che hanno poco a che vedere con il rispettivo campionato. La vittoria del Mondiale ha dato a giornalisti, presidenti, allenatori la “presunzione” di avere ancora la miglior lega europea.

7 – L’appeal commerciale. Il calcio è entrato nel giro commerciale di nuovi paesi economicamente ricchi come l’Arabia, la Cina, Singapore, Dubai. La serie A, però, non attira come la Premier o la Liga. Un big match come Roma – Milan, ad esempio, non vende quanto una normale partita di Premier Leaugue, come può essere Blackburn – Sunderland. Purtroppo è così, la FA è stata più brava della Lega Calcio a vendere e sponsorizzare il proprio “prodotto”. Questo è un dato di fatto.

8 – L’impoverimento della serie B
. Non si può pensare che la serie A e la serie B siano due realtà completamente diverse l’una dall’altra. Dalla Serie B arrivano le squadre per completare la Serie A, rendendola più o meno competitiva. Le società che retrocedono im serie B sono spesso lasciate allo sbando, senza accordi televisivi, sponsorizzazioni, spettatori, portando ad una perdita di soldi netta.

9 – Il defilarsi di Berlusconi dal calcio
per occuparsi soprattutto della politica ha tolto al calcio italiano importanti investimenti economici. Milan e Juventus, storicamente, erano le squadre che, assieme all’Inter, investivano di più e portavano i grandi campioni in Italia. La conseguenza di questa lotta, e quindi di un continuo miglioramento tecnico, era la competitività di queste squadre anche in Europa. Ora è rimasta solo l’Inter. Il Milan si è defilato, la Juve si sta ancora leccando le ferite di Calciopoli. E’ successo quello che succede in una normale società capitalista: quando ci sono tre aziende in lotta perenne tra di loro allora ne beneficia la qualità. Se poi rimane solo un’azienda, allora, senza competizione, diminuisce anche la qualità.

10 – Le curve italiane. In molte città italiane comandano gli ultrà. E non perché lo ha detto Capello, ma perché, è purtroppo così. La politica è entrata nelle curve perché, in fondo, un capo ultrà, riuscendo a manovrare più di 5 mila teste, è a sua volta un politico. Con questa politicizzazione le società sono sempre più diventate ostaggio di questi tifosi. Alcuni esempi recenti sono quelli della Lazio, del Torino e della stessa Juventus.

fonte: CalcioNews24

E io aggiungerei:

La totale sfiducia verso i vivai nazionali da parte delle big e anche delle piccole squadre della A. Le big sono troppo impegnate a comprare a cifre esorbitanti campioni già fatti che portino tifosi, sponsor e magari anche qualche buona prestazione alla squadra. I giovani calciatori promettenti dei vivai o marciscono in panchina, o vengono dati all'estero, o giocano nella serie B (e poi ci lamentiamo che U-19 e U-21 vanno male nelle partite importanti). Inoltre le piccole società di A perderebbero troppi soldi a retrocedere e avere una pessima stagione, e di conseguenza non rischiano coltivando i campioni del vivaio ma si affidano a giocatori (spesso trentenni, la serie A è un campionato vecchio) di esperienza (anche per 1-2 anni) che possano aiutare la squadra a salvarsi o a fare un buon campionato.. Insomma.. Fiducia nei giovani 0..

Negli anni '90 avevamo giovani campioni come Baggio, Albertini, Maldini, Del Piero, Totti, Buffon, Cannavaro, Inzaghi, Zola etc etc.. Le giovani promesse di oggi quali sono? Rossi e Balotelli giocano all'estero, Santon, Paloschi e altri (sono buoni giocatori ma non credo si possano definire "campioni"), giocano poco e fanno panchina..
 
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view post Posted on 15/11/2011, 23:47     +1   -1
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